Faccia a faccia con lo squalo balena — o come ho ritrovato me stesso nell’abisso

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5 min readDec 11, 2020

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Faccia a faccia con lo squalo balena — o come ho ritrovato me stesso nell’abisso

Esistono diversi modi di saltare nel vuoto: dare le dimissioni, affrontare un foglio bianco, intraprendere un viaggio senza aver pianificato. Eddie ci racconta il suo salto personale, di quella volta in cui uno squalo balena nelle Filippine lo lasciò trasformato e senza parole.

Io ci provo a stare lontano dai video virali che girano su Facebook. Parlo di quelli che mi ricordano che la vita è fatta per essere vissuta. Per colpa loro ho rinunciato a un lavoro stabile per l’instabilità di una vita nomade, cambiato carriera completamente e per ben tre volte nel tentativo di soddisfare i miei desideri, compresi quelli prodotti da un crisi di mezza età in piena fioritura, e speso più soldi di quelli che ho perché “ogni lasciata è persa”…

Ma non mi pento, vivo con il conto in banca che circola intorno allo zero come un sommozzatore intorno a una boa ma ancora non mi pento. Perché a volte queste esperienze valgono davvero la pena di essere vissute. Ci sono anche state le volte in cui sono stato ingannato ma per fortuna sono state poche. Le esperienze che contano prevalgono. Perché talmente forti che rimangono indelebili nella mente, come se le avessi appena vissute. E ve lo dice uno che di coraggio non ne ha da vendere. Ma, come dicono i video virali, bisogna sforzarsi per trovare la forza (ossimoro su cui vale la pena riflettere) di provare ciò che è nuovo e lanciarsi nel vuoto, a volte letteralmente.

Faccia a faccia con lo squalo balena — o come ho ritrovato me stesso nell’abisso

Ecco, quello di lanciarmi nel vuoto l’ho lasciato per ultimo nella mia bucket list, perché per uno che soffre di vertigini ci vuole un impegno veramente grande. Quindi invece di scalare le cime del mondo per trovare un po’ di senso a questa vita, decisi di sondare gli abissi, si far per dire e per amore dell’iperbole, delle Filippine alla ricerca dello squalo balena.

Nel caso in cui le parole squalo e balena insieme non facciano sufficiente impressione, lasciatemi ricordare che si tratta del pesce più grande che abita le acque di questo pianeta. Cercai il coraggio dappertutto, lo cercai nel mio compagno di viaggio (l’unione fa la forza, non ho ancora visto un video virale al riguardo ma sono abbastanza sicuro che si tratta di un proverbio certo) che decise di ammalarsi di un virus intestinale che lo obbligò a letto per quasi una settimana. Niente squali né balene per lui. Un mantra che mi aiuta sempre è quello di pensare incessantemente che se lo fanno tutti ed è legale non toccherà proprio a me morire oggi. Effettivamente non morii quel giorno ma in un certo modo l’esperienza ebbe qualcosa di trascendentale.

Il tutto iniziò in un ufficio, davanti a un video informativo che spiegava come comportarsi per evitare complicazioni e minimizzare l’impatto con la natura. Successivamente alla proiezione venimmo (io e quattro robusti norvegesi che mi fecero sentire sicuro — perché sicuramente più appetibili delle mie quattro ossa) fatti salire su una barca che presto salpò in direzione squali balena. Il mare non mi lascia completamente tranquillo; mi piace, mi piace nuotare, sempre e quando riesca a vedere con chiarezza intorno a me, quindi quanto più blu meno tranquillo mi sento. Non c’è bisogno di specificare che gli squali balena non si trovano a riva ma che bisogna allontanarsi dalla costa. Acque ormai blu cobalto, vento forte e urlante in poppa, le chiacchiere dei norvegesi, la urla dei filippini alla ricerca della black shadow (l’ombra nera) indicatore della presenza del grande animale.

Tutto un gran caos in quella barca, molta attesa (che non faceva altro che accrescere la tensione ma anche la delusione mista a speranza che saremmo tornati a riva senza aver visto il pescione) e tanto rumore. Almeno fino a quando il capitano ci esortò a indossare immediatamente pinne, maschera e boccaglio ed aspettare un suo ordine seduti su un lato della barca. E così che il cuore iniziò a battere all’impazzata fra la confusione, il “che faccio adesso” e il repentino ordine di buttarsi in mare per arrivare in un secondo a raggiungere il più assoluto silenzio che solo i fondali marini possono regalare, aprire immediatamente gli occhi in seguito all’urto con l’acqua e trovarsi faccia a faccia con un essere enorme, bianco (o almeno così mi sembrava), pacifico e lento che mi guardava con pigrizia, un po’ annoiato o forse scocciato perché qualcuno, ancora una volta, era piovuto dal cielo per tagliargli la strada obbligandolo a cambiare direzione.

Faccia a faccia con lo squalo balena — o come ho ritrovato me stesso nell’abisso

Il tutto durò 10 secondi, in cui mi sentii piccolo, insignificante, fortunato, debole; 10 secondi in cui l’unica cosa che importava era lo spazio che mi separava dallo squalo balena, la mia probabilità di sopravvivenza o di toccare l’innocuo (che si sappia, sono innocui, mangiano plancton e non hanno denti) animale; 10 secondi privi di qualsiasi stimolo esterno, un lasso di tempo in cui è impossibile non raggiungere la mindfulness, la consapevolezza di essere, di esistere in quello stesso momento senza sapere per quanto ancora e godendo di ogni istante offerto. Dopo aver cercato di inseguire invano il pesce ed essere risalito sulla barca riuscimmo a ripetere l’esperienza ancora un paio di volte.

Tornammo a casa felici per aver fatto qualcosa di straordinario, con un sapore di sovrumano o ipo-umano, per esserci sentiti così piccoli. Non parlammo molto nel tragitto di ritorno, non guardammo nemmeno le foto scattate con le nostre avanzatissime macchinette subacquee. Rimanemmo in silenzio assaporando ogni istante di quell’incontro che ci aveva ubicato nel mondo, per la nostra reale misura, piccola ma allo stesso tempo grande, coraggiosa e curiosa.

Faccia a faccia con lo squalo balena — o come ho ritrovato me stesso nell’abisso

Non so se sia davvero colpa dei video virali o si tratti di una continua ricerca di superamento innata dell’essere umano, ma sono certo che grazie a questa esperienza ho sentito un contatto con il mondo, forse con l’universo, come non mi era mai successo prima. E grazie a questo contatto sono migliorato un pochino, come persona. Replay.

Scritto da Edmondo Pezzopane.

Pubblicato dalla nostra cara Project Manager Katerina.

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